Storia di un appuntamento "poco allegretto" con un uomo "moderato e lento" simulando uno stato d’animo "allegro non troppo".
L’appuntamento con il ragazzo dello zainetto (vedi post precedenti) inizia con lui davanti alla metro che ci aspetta impaziente con l’immancabile zainetto, stavolta nuovo di zecca di un rosso accecante che ci inquieta non poco così che, mentre ci avviciniamo, ci chiediamo perché mai abbiamo accettato l’invito ad andare all’auditorium e chiuderci per due ore ad ascoltare un concerto di musica sinfonica di cui non capiamo nulla.
Il ragazzo con lo zainetto è particolarmente nervoso per il timore di fare tardi e non perde occasione di rinfacciarci che lo abbiamo fatto attendere e quando noi sconsideratamente e sciaguratamente chiediamo: "prima di andare all’auditorium possiamo vedere qualche negozio", ci rivolge uno sguardo da psicopatico che ci brucia all’istante e noi capiamo che non è il caso di proseguire. Una volta alla stazione prendiamo un autobus affollato come può esserlo un reparto geriatrico, capiamo che questo gruppo di arzilli signori sono diretti come noi al concerto. Arriviamo a destinazione con un quarto d’ora in anticipo ma il ragazzo dello zainetto è particolarmente stizzito dalla nostra camminata lenta. Una volta entrati nella sala, andiamo alla ricerca di un bagno, ma ci perdiamo nei meandri delle scale finché non ci sembra di averlo visualizzato e entriamo trovandoci davanti un vecchietto nell’intento di avvicinarsi ad un orinatorio, noi più rincoglionite di tutti gli anziani presenti al concerto invece di fuggire chiediamo all’anziano signore dove sia il bagno delle donne, ce lo spiega ma non capiamo niente.. intanto sono passati già dieci minuti, con una certa ansia continuiamo a scendere le scale finché non ci troviamo all’uscita dell’auditorium, una body guard ci ferma e con aria insospettita ci intima di presentare l’abbonamento che naturalmente non abbiamo, a quel punto in un bagno di sudore incominciamo ad inveire contro l’organizzazione e a urlare "dov’è il bagno delle donne" con un viso così torvo che pure il body guard si intimorisce e ci lascia passare. Finalmente troviamo il bagno e una volta ritornate in sala scorgiamo il ragazzo dello zainetto sempre più nervoso. Ci sediamo dicendo "meno male che ho individuato il bagno così se ci dovessi tornare, so dove è " neanche concludiamo questa riflessione che lui con tono nazista ci fa: " Cosa? Una volta chiuse le porte, non puoi più uscire da qui, per il rispetto che dobbiamo all’esecuzione e agli orchestrali". A quel punto, noi famose per essere della agorofobiche della prima ora e sopratutto per volere sempre nella vita avere delle vie di fuga fisiche ma anche simboliche, siamo sopraffatte dalla rabbia repressa fino a quel momento e mentre ci sventoliamo per il calore che ci ha sopraffatto e con le ascelle pezzate, gli diciamo con tono fermo ma cattivo" io faccio quel che mi pare se devo andare in bagno ci vado" e lui con tono autoritario ci dice stizzito: "in pratica puoi fare tutto ma in teoria no, è questione di rispetto.." In quel momento capiamo che abbiamo davanti un "Furio" (personaggio pedante e paranoico impersonato dal primo Carlo Verdone) e non sappiamo se buttarci noi o buttare lui dalla balaustra…..per un istante ci sentiamo prigioniere e senza più via di scampo come gli ostaggi del teatro di Dubrovka. Probabilmente la cosa migliore è di mandarlo a fanculo all’istante ma poiché negli ultimi tempi stiamo lavorando ad accrescere il nostro grado di tolleranza, evitiamo di controbattere, prendendo un bel respiro. Rassegnate, sprofondiamo nella lettura del programma del concerto; ci aspetta: un ‘ouverture di Mendelssohn (evvai!), a seguire danza macabra di Liszt (Gesù!) e sinfonia "di Leningrado" di Shostakovic (aiutoooo).
Si chiudono le luci e ci prepariamo all’ascolto con la stessa angosciante rassegnazione di un condannato che si accinge verso il patibolo.
A dire la verità per la prima ora e mezza l’ascolto di certe arie romantiche ci fa dimenticare il macigno che abbiamo vicino, salvo quando, per un paio di volte, il macigno si gira con aria di disprezzo nell’intento di rimproverare qualche povero vecchietto reo di far troppo rumore nell’atto di scartare una caramella al miele perché colpito da tosse canina. Ma quando il pianista alla fine della seconda esecuzione, a grande richiesta, concede il bis, noi non riusciamo a trattenerci nell’esclamare affrante uno spontaneo"NOOO!" e quando subito dopo inizia la terza e ultima sinfonia di Shostakovic cadiamo in uno stato di coma catatonico.
Per fortuna in questo stato di pura infelicità ci viene incontro la capacità di astrarci dalla realtà; in situazioni di particolare tedio quali convegni, spettacoli uggiosi e paternali varie, abbiamo la capacità di annuire con il capo con gli occhi fissi verso l’interlocutore fingendo il massimo dell’interesse mentre la nostra mente saltella e vagabonda felice in giro come Pinocchio nella città dei balocchi. Già perché all’attaccare dei fagotti e tutto il resto, iniziamo a immaginarci in un teatro di metà ottocento, vestite di tutto punto con corsetto, nastrini e mussola, pallide ed emaciate come si confà ad una dama elegante ed eterea di quel periodo, pronta a versar lacrime e nascondere turbamenti in candidi fazzolettini. Già perché immaginiamo essere delle signorine infelici a causa della vergogna che può causare ad una perfetta dama la compagnia di un pessimo cavaliere. Il nostro pessimo cavaliere lo immaginiamo, invece che con lo zainetto, con un bastone con sopra un pomello d’argento cesellato che gli dà un’aria da vegliardo. La musica intanto ci continua a trasportare nei nostri pensieri e ci fa immaginare che il nostro stato d’animo di struggimento e afflizione è dettato oltre che dal pessimo accompagnatore anche dal pensiero del nostro unico eterno amore, l’inglesino, conosciuto in un salotto della capitale, morto precocemente perché caduto da cavallo (già perché tutti i buoni e i bei ragazzi specie se biondi muoiono di morte violenta, lasciando nello sconforto più totale le loro dame a cui hanno giurato amore eterno, basti pensare ad Ashley di "Via col vento" o Anthony di "Candy Candy"). A questo punto però nel nostro sogno ad occhi aperti, non puo’ mancare lo stronzo moro cioè il Reth butler o il Terence della situazione, selvaggio e indomito che fa dimenticare alla dama il dolore della perdita del suo amato….e noi a chi potevamo pensare? ..facile.. al Lemure. Infatti ecco che vediamo apparire, dietro di noi, sopra al palchetto, il Lemure con la sua figura snella e proporzionata con quel contegno scontroso e altezzoso alla Mr. Darcy di "Orgoglio Pregiudizio". Sentiamo il suo sguardo altero posarsi sulle nostre spalle ignude e a quel punto ci giriamo a mirarlo e non esiste più nulla né il vegliardo né quel poverino caduto da cavallo durante una caccia alla volpe (non dimentichiamo che era inglese). Non sappiamo se l’altero atteggiamento del Lemure misto a uno sguardo profondo e turbato sia dettato da un sentimento di superiorità e di spezzo nei nostri confronti perché figlie di un ufficiale di marina degne e decorose sì, ma pur sempre non all’altezza dei suoi nobili natali oppure da un sentimento tenero di spontanea ammirazione nei confronti della nostra persona che si sta facendo avanti contro la sua stessa volontà. Il destino dà una repentina risposta a tale interrogativo perché non appena uscite dalla sala per prendere un po’ d’aria (nel nostro sogno si può uscire!) per rinfrancare i nostri polmoni sofferenti perché ancora convalescenti dal "chiuso morbo" che tempo prima ci aveva fiaccato, ecco apparire e venire verso di noi il Lemure che fissandoci come un febbricitante ci dice:"Ho lottato invano contro i miei sentimenti. Io vi ammiro e vi amo ardentemente" Noi non facciamo in tempo a trasalire ed arrossire che ci cinge in un vigoroso abbraccio baciandoci appassionatamente…..e mentre un sorriso di beatitudine appare sul nostro volto ecco che ci sentiamo strattonate dal ragazzo dello zainetto che ci riporta alla triste realtà, facendoci notare come siano maleducati gli spettatori che escono alla chetichella prima che lo spettacolo sia finito.. e già c’è da dire che quest’ultima sinfonia è di una noia mortifera e ci accorgiamo che molti anziani dotati di bastone e catetere stiano tentando in tutte le maniere di uscire dalla sala avvalendosi di mezzi impropri come brandire il bastone contro le hostess ead un certo punto ci sembra di scorgere un vecchietto che indomito sta cercando di scavalcare la balaustra.
Pertanto oramai distolte dai nostri pensieri, ci volgiamo verso il nostro sciagurato accompagnatore che come ipnotizzato continua a seguire interessato la nenia, forse l’unico in tutto l’auditorium, …vorremmo fuggire anche perché incominciamo a udire un’altra musica quella del nostro stomaco e comprendendo che sono trascorse dall’inizio, ben due ore e mezza….incominciamo a spazientirci tant’è che meditiamo di unirci a qualche fronda di vecchietti che intanto è riuscita ad aprirsi un varco…ma niente il ragazzo dello zainetto ci fa stare fino all’ultimo applauso nella sala. Capiamo che la realtà è sempre peggio di qualsiasi triste aspettativa e mentre ci dirigiamo finalmente verso l’uscita, ci volgiamo malinconiche verso la balconata ma non vi scorgiamo più il Lemure ma un povero anziano che ronfa perchè nessuno l’ha avvertito che lo spettacolo è oramai finito……